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Consulta, Italicum, Colle: e se fosse lo stesso risiko?

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Si ripete in continuazione che l’avversione alla politica produce un’opinione pubblica, peraltro slabbratissima, straincazzata che non distingue più e rischia di travolgere tutto. C’è un Bounty generale, un ammutinamento della realtà contro la classe governativa nel suo complesso, anche se ci si trastulla con i sondaggi pro-Renzi. Proviamo allora anche rozzamente a sgomitolare il filo che lega le questioni e le situazioni, offerte invece dalla politica e dai media come sfilacciate tessere di un mosaico ai più incomprensibile.

Della Corte Costituzionale gli italiani distratti sanno poco o nulla, salvo le baruffe chiozzotte in Parlamento per completarne l’organigramma, la pantomima di Violante, la difficoltà di arrivare a una soluzione decente e condivisa per un organo di controllo di tale importanza. Forse dovremmo ricordare al popolino che è la stessa Corte Costituzionale che si è espressa, per la prima volta nella storia della Repubblica, dichiarandola incostituzionale contro la legge elettorale “Porcellum”, che ha regolato le elezioni del 2006, del 2008 e anche le ultime del 2013, cioè quelle grazie alle quali – Renzi mai eletto a parte – sono andati in Parlamento quelli che votano oggi, e hanno votato il secondo mandato di Napolitano al Quirinale. Anzi, per dirla ancora più chiaramente come in genere non viene fatto da tg frettolosi e frammentari, quelli che eleggeranno il nuovo Capo dello Stato, se Napolitano dovesse lasciare prima del 2020, qualunque sia il motivo…: l’età, la stanchezza, il rendersi conto che già nel primo settennato, il più tranquillo come politica interna ed estera dell’ultimo quarto di secolo, non aveva saputo o potuto concludere granché, figuriamoci nel secondo,  oppure il constatare che il maltempo meteorologico, sociale ed economico sta volgendo al termine la Weimar pecoreccia di quest’Italia. E lui non vuol rimanere sotto l’alluvione.

Ma non solo: coloro che sono in Parlamento grazie a una legge giudicata incostituzionale anche dalla Cassazione, nell’aprile scorso, dovrebbero votare sull’Italicum, cioè la nuova legge elettorale, e sulla riforma del Senato. Ditemi voi, tra politologi, giureconsulti e addetti ai lavori, se qualcuno sta pensando a queste due importantissime riforme con un occhio alla summenzionata sentenza: non se la filano per niente, né nei tempi, né nei modi e tantomeno nei contenuti. Ognuno, tra patti del Nazareno e bisbigli d’Aula, pensa solo a come estrarre dall’Italicum non una modalità elettorale compatibile colla necessità di costituzionalità richiamata bensì quello che più gli conviene per il proprio interesse elettoralistico. Non parliamo della riforma del Senato per carità di patria. Che tutto sia collegato, come un domino, potrebbe essere reso perspicuo alle folle da un’informazione decente, basterebbe giustapporre le tessere che ho elencato. Alle quali andrebbe aggiunto un altro tassello serissimo, per cui si battono Emilio Zecca, Aldo Bozzi ed altri tra i 26 ricorrenti che hanno portato all’attenzione della Consulta l’illegittimità e l’incostituzionalità del Porcellum: hanno scritto alla Boldrini (che “vuole una donna sul Colle”…) e a Grasso per ricordare loro come in base all’art.66 della Costituzione sulla convalida degli eletti (“ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”) debbano distinguere tra chi è dentro legittimamente e chi no.

Vogliamo almeno far sapere agli italiani chi sono costoro, abbinandoli al loro voto per l’Italicum o per qualunque altra legge od elezione? Il popolino distratto saprebbe con chi ha a che fare. Questa sì sarebbe, per l’opinione pubblica di cui sopra, una straordinaria e democratica forma di “legittima” difesa.

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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